MEZZI STRAVECCHI, NESSUN RICAMBIO E STOP AL SERVIZIO DI RECUPERO

Appena pochi minuti dopo la notizia dell’incendio al bus Atac in pieno centro di Roma i social network erano già pieni di invettive. Il facile bersaglio era il sindaco di Roma Virginia Raggi, rea agli occhi degli italiani (non grillini) di non saper gestire la municipalizzata più grande della penisola.
Accanto a lei però venivano additati anche tutti i dipendenti Atac per cui molti chiedevano il licenziamento. E quasi sempre lo sfogo condito di improperi terminava con la speranza che arrivi «un privato che faccia tabula rasa».
Una vera manna dal cielo per i promotori del referendum consultivo che a settembre chiederà ai romani se sono favorevoli a mettere a bando il servizio di trasporto pubblico.
Basta però distaccarsi un attimo e riflettere minimamente sul problema per capire che l’incendio – anzi, i due incendi – di ieri hanno ben poco a che fare con il tema della privatizzazione. E che proprio un dipendente dell’Atac – l’autista del 63 – ha salvato i passeggeri facendoli scendere capendo in anticipo il rischio dell’esplosione.
I dipendenti sono quindi – al pari degli utenti quotidiani – le prime vittime della situazione. Diventata insostenibile non certo per la natura pubblica dell’azienda.
«I bus prendono fuoco perché non si fa più manutenzione. La richiesta di concordato preventivo per la situazione finanziaria fallimentare dell’azienda prevede espressamente che Atac non possa spendere e quindi non si fanno più i bandi per l’acquisto dei pezzi di ricambio», spiega Eugenio Stanziale, segretario di Roma e Lazio di Filt Cgil.
I dati del sindacato sugli autobus sono agghiaccianti. «Atac ha 1.900 vetture, ogni giorno ne escono dalle rimesse circa 1.300. Ma il 33 per cento di queste deve tornare in rimessa per guasti». Un autobus su tre non è più in grado di funzionare in modo continuativo. Il motivo di questo harakiri quotidiano è molto semplice: «L’età media degli autobus circolanti è 14 anni, solo 600 vetture hanno meno di 5 anni», sottolinea Stanziale.
Numeri da paese sotto sviluppato, nel quale il servizio di trasporto pubblico non può certo offrire servizi decenti.
«A mancare non è la forza lavoro per la manutenzione – ricorda Stanziale – : su 11.371 dipendenti, gli operai che lavorano nella manutenzione sono 1.664. Il problema è che se anche fossero il doppio il loro carico di lavoro è sempre più grande e non hanno gli strumenti per lavorare, non potendo contare su pezzi di ricambio nuovi». Da qui lo stillicidio di guasti come il corto circuito che ieri ha provocato i due incedi di ieri.
Alcuni operai però sono stati chiamati da poco a cambiare mansione. Il primo effetto della richiesta del comune di Roma di concordato preventivo è stato il licenziamento dei 128 lavoratori Corpa. Era l’azienda che aveva in appalto il servizio di recupero e assistenza su strada dei mezzi guasti, nonostante spesso pagasse con ritardo di mesi gli stipendi. Il 9 marzo scorso è scaduta la proroga dell’appalto: 105 lavoratori a tempo indeterminato e 23 a tempo indeterminato sono stati licenziati e il servizio immediatamente sospeso.
Dal giorno seguente «si è tentato di correre ai ripari distogliendo il personale di officina già in gravissima difficoltà», denunciarono tutti i sindacati Atac (Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Faica Cisal).
«L’azienda romana del trasporto vanta il parco vetture più vecchio d’Europa, come dimostrano i 15 anni di vita del bus che ha preso fuoco in via del Tritone – accusa l’Usb, che chiede un incontro urgente al prefetto di Roma prosegue .«È l’ennesimo autobus che prende fuoco in città, stimiamo che oramai ci sia un caso del genere al mese – spiega Michele Frullo -. Bisogna intervenire il più presto possibile con l’acquisto dei mezzi nuovi, perchè con l’arrivo dell’estate questa situazione può solo aggravarsi».

Fonte "IL MANIFESTO"

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