TRASPORTI: FILT CGIL, "MIMS TER" È INVERSIONE DEL PRINCIPIO DELL’UTILITÀ COLLETTIVA


Roma, 02 maggio 2022 - Dalla parte del lavoro e dei lavoratori: questa è la nostra missione e il nostro ruolo. In questo periodo, ai margini di una pandemia, speriamo gestibile, e dentro una guerra, dagli effetti ancora indefiniti, ne sentiamo il peso e la responsabilità e vorremmo avere le istituzioni con noi, pronte a condividere le stesse preoccupazioni. Invece, leggendo l'articolo 10 della bozza del decreto legge del Ministero delle Infrastrutture e Mobilità sostenibili, cosiddetto "Mims ter", stiamo assistendo all'inversione del principio della solidarietà e dell'utilità collettiva. 

Esprimiamo grande preoccupazione per una norma che, seppur decisa a livello nazionale, produce i suoi effetti sul piano locale lungo la filiera del trasporto merci e persone, in questo caso a partire dal porto di Civitavecchia. Tutte le attività collegate al trasporto che vedano la presenza di un'impresa collegata all'armatore di turno possono produrre un impatto negativo sulle imprese e i lavoratori dei settori interessati oggi esistenti sul territorio con cui abbiamo cercato di governare questi terribili ultimi due anni. La solita penna guidata da una manina ben istruita, nel silenzio di ogni confronto e condivisione, sta cercando di inserire all'interno dei provvedimenti legislativi prossimi all'approvazione la possibilità di estendere i benefici fiscali previsti dal Registro Internazionale, applicati oggi alle sole imprese di navigazione con ben delineate caratteristiche, anche alle attività di tutta la filiera logistica e del trasporto delle società armatoriali.

Nello specifico le entrate derivanti dall'utilizzo delle navi iscritte nel registro concorrono per il solo 20 per cento a formare il reddito di impresa su cui pagare le tasse. Tali benefici oltretutto si estenderebbero non più alle sole imprese armatoriali italiane, ma anche di Paesi europei e dello spazio economico europeo. Un fatto veramente increscioso che un Ministero della Repubblica vada contro gli interessi di migliaia di imprese del trasporto e della logistica, contro le centinaia di migliaia di lavoratori del comparto e, cosa ancora più grave, contro gli interessi generali dello stesso Stato, aprendo sconsideratamente a un'integrazione verticale a danno di tutti.

Appare del tutto evidente che le norme in discussione, potrebbero, concretamente destrutturare il sistema logistico, portuale ed intermodale nazionale, sia da un punto di vista di interesse pubblico che privato; i primi effetti sarebbero le consistenti minori entrate fiscali delle imprese agevolate, successivamente il verificarsi di una chiara concorrenza distorta lascerebbe sul campo imprese e lavoratori non in grado di reggere la competizione. Tutto questo a causa delle regole difformi create dallo Stato stesso, non più garante del rispetto della parità di trattamento e condizioni del mercato, ma elemento condizionante il futuro del settore. Invece di cercare di ridurre le diseguaglianze di reddito presenti nel paese, con il rincaro del costo della vita a seguito della pandemia e delle conseguenze della guerra in Ucraina, con le famiglie non riescono ad arrivare a fine mese, invece di trovare il modo (defiscalizzazione del costo del lavoro a favore dei lavoratori, tasse di scopo per i super profitti etc.) di portare più soldi nelle tasche dei lavoratori, assistiamo a questa irragionevole volontà da parte di apparati dello Stato, di arricchire ulteriormente le già miliardarie tasche delle società armatoriali, per attività che nulla hanno a che vedere con la navigazione e con attività a essa ancillari.

Nella Regione Lazio alcuni rischi sono potenzialmente più accentuati, per la presenza del settore croceristico che fino a prima delle crociere movimentava oltre 2,5 milioni di persone, per la presenza di Fiumicino con l'ex Alitalia, per gli snodi ferroviari che portano le merci al secondo mercato di consumo italiano e per l'importante presenza nell'area metropolitana romana di importanti operatori per soluzioni logistiche integrate. Ci chiediamo dove sia l'Autorità Garante per il mercato e la concorrenza, attenta ad esprimere pareri su argomenti vari e che non si accorge di un provvedimento a nostro avviso fortemente impattante sulle materie di sua diretta pertinenza. Chiudiamo con un quesito, che probabilmente tutti gli italiani vorrebbero porre ai nostri governanti: siamo in grado di dimostrare che lo Stato non è lo scorpione che sta attraversando il fiume sulle spalle della rana?.